Verso la vetta

Cronache da paesi lontani e vicini.
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luciano capasso
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Verso la vetta

Messaggio da luciano capasso »

In autunno avevo scritto, fra me e me:

Una guida bianca
Il biancone

Appena sposati, andammo ad abitare a Palombara Sabina, si era agli inizi degli anni settanta ed avevo appena 21 anni. Io studente di economia e commercio, lei maestra elementare nella scuola del paese.
Stavamo su di un colle all’ingresso di Palombara, dove stavano costruendo l’ospedale nuovo, dirimpetto al Monte Gennaro di cui era possibile vedere la vetta e l’anticima con la torre di Cruciani.
Tutte le mattine, prima di immergermi nello studio, andavo a correre lungo il sentiero che conduceva alla vetta Zappi. Un percorso assai divertente e che costeggiava la funivia. All’inizio su strada asfaltata poi su un sentiero dentro la macchia di lecci. La transizione era costituita da uno stretto e breve budello sterrato, in forte pendenza ma semi ostruito dai rovi. Avevo sempre paura di attraversare quel posto perché temevo sempre il comparire di qualche vipera. Ora è tutto pulito.
Uno sforzo notevole che ti mangia il cuore e i polmoni ma che ti lascia un senso di piacere per il silenzio che ti circonda mentre risali la china. Una massicciata costruita nei tempi passati da qualche essere sconosciuto che aveva reso un bel servizio a noi amanti della montagna. Ora il tempo ha corroso in diverse parti il manufatto: la pioggia dilavando ha frantumato in diverse sezioni il muro a secco, trascinando a valle molti sassi. I cinghiali hanno messo il carico da undici provvedendo ad arare diverse parti del terreno. Rimane però un bel percorso che amo molto perché legato ai miei 20 anni. Fresco ed ombroso, senza anima viva, con diversi tornanti che in epoca recente hanno numerato. Sono 26, come il giorno del mio compleanno: 26 di marzo. Ho dovuto fare questa associazione perché ogni volta mi dimentico quanti sono e sotto sforzo non vedi l’ora di finire. Quando sono al venticinquesimo mi sembra di sognare per essere riuscito a conquistare ancora una volta la prima parte del percorso. Dopo quella breve soddisfazione e una piccola ripresa di fiato ti trovi addosso una salita da morire che conduce alle antenne e ai miseri resti fatiscenti di un ristorante e della stazione di arrivo della funivia. Il resto poi viene da solo: per arrivare in cima ci sono solo sassi appuntiti pericolosi per l’integrità delle caviglie e quindi da affrontare al passo. Io mi piango addosso questa scusa dei sassi appuntiti perché quando sono lì non ho più forze.
Dopo la tragica morte tra le mie braccia del mio amico Rodolfo sul pratone del Monte Gennaro, per oltre un ventennio non ho più messo piede su quei luoghi. Ho vagato per molte montagne abruzzesi e altoatesine ma sul Gennaro non ci sono più andato. Solo di recente pian piano, dietro la spinta degli amici ho ripreso ad approcciare su questa montagna. Ho riscoperto il percorso che si dipana da Palombara.
Ora la funivia è abbandonata, si vedono solo i pali con le pulegge e i due casolari. La strada è rimasta però immutata. Debbo percorrerla per qualche centinaio di metri per trovare un primo spiazzo dove parcheggiare. Di fronte ad una bella villa circondata dal un oliveto ben tenuto e con il prato rasato. Il muro di cinta ingloba una chiesetta, ormai sconsacrata, che forse risale al settecento. Dal cancello di intravede la presenza di un bel cane pastore maremmano, dal pelo lungo e candido. Nonostante la temuta aggressività di questa razza, io allungo sempre una mano per accarezzargli la testa, per fargli solletico sotto le fauci. Si fa amabilmente coccolare. Certo fa un certo effetto allungare la mano tra le sbarre del cancello, con un reazione istintiva ti potresti trovare con problemi seri. Un giorno ho incontrato anche il proprietario, usciva dal cancello ed il cane è corso trotterellando verso di me. Gli ho stretto la testa fra le braccia e mi è sembrato che lui facesse delle impercettibili smorfie di piacere. Il tizio mi diceva che era giovane, non mi ricordo se avesse detto due o tre anni. Non ha importanza.
Ieri, dopo alcuni giorni di influenza e convalescenza, sono riandato sul posto con l’intenzione di misurare l’estensione del percorso. Avevo con me il gps ed ero intenzionato a misurare ogni cosa: lunghezze e altitudini. Mi sono preparato, con zainetto, bastoncini, acqua e sali minerali, scarpe e fascia sulla fronte. Prima di partire il solito saluto al mio amicone bianco. È dolcissimo. Non amo i vezzeggiativi, figurarsi per i cani. Non mi piacciono tutti quelli che trasferiscono troppa umanità alle bestie. Non ha senso. Però debbo dire che la dolcezza in questo biancone traspare con vera semplicità. Forse è la consapevolezza della sua forza.
Sono partito al passo perché i residui della tosse non mi consentivano di correre. Sentivo la gente che coglieva le olive in un vicino campo, il rumore ritmico delle nuove apparecchiature ad aria compressa mi stavano ipnotizzando. Però mi era sembrato di percepire una presenza. Era lui, il biancone. Mi stava seguendo. Gli ho carezzato la testa e siamo andati avanti insieme.
Lui andava avanti, avevo il timore che si perdesse nella macchia. Questo timore che mi perseguita sempre, convinto che solo io sono capace di padroneggiare le situazioni. Invece lui calmo e tranquillo seguiva la strada come se conoscesse l’itinerario. Se si allontanava lanciavo un breve e semi impercettibile richiamo, lui silenzioso e sicuro tornava accanto a me. Con un leggero scatto mi superava e riprendeva a guidare i miei passi. Sembrava che mi dicesse: tu hai il timore che non sappia cosa fare ed invece ti ritrovo, ti aiuto a trovare la tua strada. Non sono mica scemo. Una grande lezione di autostima e fiducia nei propri mezzi. Una grande lezione di quanto io non sia capace di guardare con fiducia in chi mi è vicino.
Ogni tornate ha uno stradello formato dalla pioggia che consente di tagliare trasversalmente ed accorciare notevolmente il percorso ovviamente con una pendenza assai più faticosa. Lo si usa per scendere perché si va dritti verso il punto più basso. Lui aspettava ad ogni incrocio, voleva sapere se dovevamo fare il taglio o proseguire per la strada normale. Appena intuiva la direzione, proseguiva con agilità. Io lo seguivo.
In prossimità della vetta, un osso. Forse una tibia di vacca. Cercava di portarsela via per poi sgranocchiarsela. Non era un compito facile perché le fauci strette intorno all’osso gli impedivano una regolare respirazione. Dopo un po’ ha desistito e lo ha mollato.
In vetta c’è una costruzione a forma di cubo, un po’ oscena ma che si rende utile perché consente di ripararti dal costante vento. Ti puoi cambiare le magliette inzuppate dal sudore senza esporti alle fredde correnti d’aria. Lui aspettava con tranquillità che io portassi a termine tutte queste manovre.
Volevo dargli dell’acqua da bere, su una busta di plastica messa a forma di catino ma si è allontanato. Non desiderava niente. Forse mi diceva che stava bene anche senza bere. Forse.
Il ritorno tutto di corsa. A perdifiato, con lo zaino fortemente stretto al petto e sulla pancia. Una cosa fantastica. Il terreno soffice ricoperto da foglie secche come un tappeto dorato. Sette chilometri senza soste. Puoi sentire i muscoli delle gambe che si distendo leggeri sulla discesa senza i colpi duri delle strade asfaltate.
Lui davanti io dietro.
Giù nella casa il cancello era chiuso, si è accoccolato in strada. Ho cercato di farmi aprire suonando il campanello. In verità era una cordicella da tirare per far suonare una campanella, posta a distanza ma non c’era nessuno. Temevo che qualche automobile potesse fargli del male.
Dovevo andare via. Dopo essermi cambiato con nuovi abiti asciutti l’ho salutato un’ultima volta. Chissà dove sarà ora. Ricorderà il suo amico di Tivoli?
Una bella lezione di forza e agilità. Una presenza che ripaga le carezze ricevute e che non vuole altro che un semplice puffo sulla testa. Niente altro.
Io invece tanti timori.
Ciao biancone, grazie per la tua presenza ed amicizia.
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Re: Verso la vetta

Messaggio da luciano capasso »

Mercoledì ci siamo rincontrati
eccolo
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Re: Verso la vetta

Messaggio da luciano capasso »

sulla vetta
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Re: Verso la vetta

Messaggio da luciano capasso »

con l'incredibile presenza della neve, scendendo mi ha aspettato mentre facevo le foto ai ranuncoli
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Re: Verso la vetta

Messaggio da effegua »

Bella, Lucia' :applauso:

FG

P.S. Ma allora eri bacato pure da giovane! correre in montagna mi fa stancare solo a pensarci :o
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denebmax
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Re: Verso la vetta

Messaggio da denebmax »

grazie luciano!!!!!!!

Massimo
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