Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
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Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
Dipsacus fullonum L.
Sp. Pl.: 97 (1753)
Dipsacus sylvester Huds.
Dipsacaceae
Scardaccione selvatico, Cardo dei lanaioli selvatico, Cardo, Deutsch: Wilde KardeTeasel
English: Fuller's Teasel
Español: Cardencha, cardo de cardadores
Français: Cardère sauvage
Forma Biologica: H bienn - Emicriptofite bienni. Piante a ciclo biennale con gemme poste a livello del terreno.
T scap - Terofite scapose. Piante annue con asse fiorale allungato, spesso privo di foglie.
Descrizione: Pianta bienne, con robusta radice a fittone, fusti eretti, tubulosi, forcuti all'apice, solcati, con spine molli e patenti, raggiunge i 2 m di altezza.
Le foglie basali in rosetta oblungo-subovali, presentano spine sulla nervatura centrale, sulla pagina inferiore e a volte anche su quella superiore. Le foglie cauline sono opposte, saldate a 2 a 2 alla base (connate), lanceolate larghe, i margini, la nervatura centrale e la pagina superiore sono spinosi e dentati.
I fiori biancastri o color malva, sono riuniti in capolini ovali, avvolti da brattee lineari spinose e più lunghe dei fiori. Le corolle hanno lobo superiore più sviluppato degli altri tre; tra i fiori sono presenti numerose brattee acute sporgenti.
La fioritura ha inizio all'equatore dell'ovoide-ricettacolo, per poi proseguire verso i poli opposti.
Lo sfasamento temporale e progressivo dall'antesi, è una strategia vegetale che favorisce la fecondazione.
I frutti sono piccoli acheni di forma allungata, con involucretto quadrato, 4 dentelli sugli angoli e calice a coppa.
Nel genere Dipsacus, l'irrigidimento e allungamento, sino a formare un uncino, delle brattee, assieme all’habitus simile a quello dei Cardi, rendono possibile il catapultamento degli acheni quando la pianta viene sfiorata dagli animali.
Tipo corologico: Euri-Medit. - Entità con areale centrato sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est (area della Vite).
Steno-Medit. - Entità mediterranea in senso stretto (con areale limitato alle coste mediterranee: area dell'Olivo).
Habitat: Pianta comune dei bordi delle strade, dei luoghi incolti, dei fossi e delle macerie, 0÷1.400 m s.l.m.
Sistematica e possibili confusioni: Dipsacus fullonum subsp. sativus (L.) Thell. - Cardo dei lanaiuoli, coltivata un tempo inselvatichita nell'Italia settentrionale, ormai scomparsa, simile alla subsp. nominale ma più spinosa con foglie cauline spesso divise, squame più brevi.
Dipsacus laciniatus L. - Scardaccione sfrangiato, che si distingue epr essere pianta con foglie cauline lobato-partite grossolanamente dentate con setole pungenti sul bordo.
Dipsacus ferox Loisel. - Scardaccione spinosissimo, che si distingue per avere fusto con robuste spine e foglie con spine acute sul bordo.
Dipsacus pilosus L. - Scardaccione peloso, che si distingue per fusto con setole pungenti, foglie ristrette alla base, non formanti coppa, le cauline peduncolate e provviste di 2 orecchiette semiamplessicauli, capolini ± sferici inclinati prima dell'antesi, squame non sporgenti, corolla bianco-giallastra con antere violette.
Tassonomia filogenetica
______________________________________________________________________________
Etimologia: Il nome del genere deriva dal greco "dípsa"= sete, fa riferimento alla conca che le foglie connate formano presso la loro inserzione sul fusto, in questa piccola conca, si raccoglie l'acqua piovana; il nome specifico fa riferimento all'infiorescenza, indica il luogo dove nel medioevo si effettuava il finissaggio delle stoffe, "fullonica".
Proprietà ed utilizzi: Specie commestibile officinale
Costituenti principali:glicoside, scabioside, acidi organici, saponini.
La pianta ha proprietà sudorifere, aperitive, diuretiche e depurative. Nel passato, veniva usata dalla medicina popolare come rimedio contro la pelle screpolata e nella cura delle fistole anali.
Note e Curiosità: Il cardo è stato utilizzato nella lavorazione della lana fin dai tempi più antichi della civiltà egiziana; ne fa menzione anche Carlo Magno nei Capitolari (812 d.c.), raccomandando la coltivazione dei "cardones" nell'orto, accanto alle altre colture per la "familia". Alle congregazioni religiose, molto probabilmente si deve l'opera di selezione, introdussero la coltivazione nei terreni incolti e la diffusero ampiamente in Francia.
La specie coltivata Dipsacus sativus (L.) Honck., è infatti derivata dalla selezione fatta dall'uomo nei secoli sulle piante che presentavano capolini più uniformi e compatti e per questo più adatti al lavoro della garzatura. Tale utilizzo, in Italia, portò alla coltivazione dei cardi dalla metà del XIX secolo, ad opera di Sisto Bocci (proprietario del lanificio di Soci): si importarono semi francesi per migliorarne la qualità aumentando la dimensione del capolino. Da quel momento, per una serie di congiunture politiche che favorirono lo sviluppo di una vera e propria industria tessile in Italia, anche la connessa coltura industriale del cardo decollò, inserendosi stabilmente nel sistema colturale del Casentino.
La coltura trovò negli anni 50÷60 la sua massima espansione e il declino iniziò con l'aumento del costo della manodopera e con il mutamento degli indirizzi tessili.
I "garzi" (infruttescenze) vengono ancora oggi usati, per garzare eliminando la borra superficiale dei tessuti di lana, rendendoli più morbidi e lucenti, nella lavorazione dei tessuti pregiati e del tradizionale "Panno del Casentino", per ottenere il tipico "ricciolo". Il cardo vegetale infatti, a differenza di quelli di acciaio o plastica, ha spine anche sulle pagine delle brattee e permette di ottenere una lavorazione più fine.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.
______________________________________________________________________________
Principali Fonti
PIGNATTI S., Flora d'Italia.Edagricole, Bologna. 1982
CONTI F., ABBATE G., ALESSANDRINI A., BLASI C., Checklist of the Italian Vascular Flora. Palombi, Roma. 2005
JAUZEIN P. Flore des champs cultivés, INRA, Paris. 1995
AGRADI A., REGONDI S., ROTTI G., Conoscere le piante medicinali. Mediservice, Cologno Monzese (MI). 2005
Index Plantarum Flora Italicae - Indice dei nomi delle specie botaniche presenti in Italia
Acta Plantarum - Semi ed altre unità primarie di dispersione
Scheda realizzata da Marinella Zepigi
Crema (CR) Ca'delle Mosche, 24.05.08
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Descrizione: Pianta bienne, con robusta radice a fittone, fusti eretti, tubulosi, forcuti all'apice, solcati, con spine molli e patenti, raggiunge i 2 m di altezza.
Le foglie basali in rosetta oblungo-subovali, presentano spine sulla nervatura centrale, sulla pagina inferiore e a volte anche su quella superiore. Le foglie cauline sono opposte, saldate a 2 a 2 alla base (connate), lanceolate larghe, i margini, la nervatura centrale e la pagina superiore sono spinosi e dentati.
I fiori biancastri o color malva, sono riuniti in capolini ovali, avvolti da brattee lineari spinose e più lunghe dei fiori. Le corolle hanno lobo superiore più sviluppato degli altri tre; tra i fiori sono presenti numerose brattee acute sporgenti.
La fioritura ha inizio all'equatore dell'ovoide-ricettacolo, per poi proseguire verso i poli opposti.
Lo sfasamento temporale e progressivo dall'antesi, è una strategia vegetale che favorisce la fecondazione.
I frutti sono piccoli acheni di forma allungata, con involucretto quadrato, 4 dentelli sugli angoli e calice a coppa.
Nel genere Dipsacus, l'irrigidimento e allungamento, sino a formare un uncino, delle brattee, assieme all’habitus simile a quello dei Cardi, rendono possibile il catapultamento degli acheni quando la pianta viene sfiorata dagli animali.
Tipo corologico: Euri-Medit. - Entità con areale centrato sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est (area della Vite).
Steno-Medit. - Entità mediterranea in senso stretto (con areale limitato alle coste mediterranee: area dell'Olivo).
Habitat: Pianta comune dei bordi delle strade, dei luoghi incolti, dei fossi e delle macerie, 0÷1.400 m s.l.m.
Sistematica e possibili confusioni: Dipsacus fullonum subsp. sativus (L.) Thell. - Cardo dei lanaiuoli, coltivata un tempo inselvatichita nell'Italia settentrionale, ormai scomparsa, simile alla subsp. nominale ma più spinosa con foglie cauline spesso divise, squame più brevi.
Dipsacus laciniatus L. - Scardaccione sfrangiato, che si distingue epr essere pianta con foglie cauline lobato-partite grossolanamente dentate con setole pungenti sul bordo.
Dipsacus ferox Loisel. - Scardaccione spinosissimo, che si distingue per avere fusto con robuste spine e foglie con spine acute sul bordo.
Dipsacus pilosus L. - Scardaccione peloso, che si distingue per fusto con setole pungenti, foglie ristrette alla base, non formanti coppa, le cauline peduncolate e provviste di 2 orecchiette semiamplessicauli, capolini ± sferici inclinati prima dell'antesi, squame non sporgenti, corolla bianco-giallastra con antere violette.
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Etimologia: Il nome del genere deriva dal greco "dípsa"= sete, fa riferimento alla conca che le foglie connate formano presso la loro inserzione sul fusto, in questa piccola conca, si raccoglie l'acqua piovana; il nome specifico fa riferimento all'infiorescenza, indica il luogo dove nel medioevo si effettuava il finissaggio delle stoffe, "fullonica".
Proprietà ed utilizzi: Specie commestibile officinale
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La pianta ha proprietà sudorifere, aperitive, diuretiche e depurative. Nel passato, veniva usata dalla medicina popolare come rimedio contro la pelle screpolata e nella cura delle fistole anali.
Note e Curiosità: Il cardo è stato utilizzato nella lavorazione della lana fin dai tempi più antichi della civiltà egiziana; ne fa menzione anche Carlo Magno nei Capitolari (812 d.c.), raccomandando la coltivazione dei "cardones" nell'orto, accanto alle altre colture per la "familia". Alle congregazioni religiose, molto probabilmente si deve l'opera di selezione, introdussero la coltivazione nei terreni incolti e la diffusero ampiamente in Francia.
La specie coltivata Dipsacus sativus (L.) Honck., è infatti derivata dalla selezione fatta dall'uomo nei secoli sulle piante che presentavano capolini più uniformi e compatti e per questo più adatti al lavoro della garzatura. Tale utilizzo, in Italia, portò alla coltivazione dei cardi dalla metà del XIX secolo, ad opera di Sisto Bocci (proprietario del lanificio di Soci): si importarono semi francesi per migliorarne la qualità aumentando la dimensione del capolino. Da quel momento, per una serie di congiunture politiche che favorirono lo sviluppo di una vera e propria industria tessile in Italia, anche la connessa coltura industriale del cardo decollò, inserendosi stabilmente nel sistema colturale del Casentino.
La coltura trovò negli anni 50÷60 la sua massima espansione e il declino iniziò con l'aumento del costo della manodopera e con il mutamento degli indirizzi tessili.
I "garzi" (infruttescenze) vengono ancora oggi usati, per garzare eliminando la borra superficiale dei tessuti di lana, rendendoli più morbidi e lucenti, nella lavorazione dei tessuti pregiati e del tradizionale "Panno del Casentino", per ottenere il tipico "ricciolo". Il cardo vegetale infatti, a differenza di quelli di acciaio o plastica, ha spine anche sulle pagine delle brattee e permette di ottenere una lavorazione più fine.
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Viviamo e solleviamo onde, ma non siamo quasi mai coscienti della scia che ci lasciamo dietro. (Franco Giordana)
"Si fa quel che si può e se abbiamo fatto un errore si corregge". Motto ufficiale di Acta Plantarum
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
Dipsacus fullonum L.
Dipsacaceae: Scardaccione selvaticco
Fossone(Carrara) m 70 Maggio
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Dipsacus fullonum L.
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Aiutate i moderatori: fotografate anche i frutti e i semi,
ciò oltre ad agevolare le determinazioni, contribuisce ad implementare la galleria dei "semi" e altre unità primarie di dispersione”.
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
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Foto di Giuliano Salvai Dipsacus fullonum L.
Fiume Po (PV), nov 2008
Foto di Nicola Ardenghi
Foglia della rosetta basale
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Fiume Po (PV), nov 2008
Foto di Nicola Ardenghi
Foglia della rosetta basale
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
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Fossone(Carrara) m 70 Giugno
Foto di Giuliano Salvai
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Fossone(Carrara) m 70 Giugno
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
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Foto di Anja Michelucci
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Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani (Dalai Lama)
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Re: Dipsacus fullonum L. - Scardaccione selvatico
Posto due IMG di Dipsacus sativus (L.) Honck la cui utilizzazione è ben spiegata da Marinella in Dipsacus fullonum L.
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